Europa League
IL C.T. - Conte: "Lotta scudetto tra Juve e Roma"
02.11.2014 21:18 di Redazione

 Il Ct della Nazionale Antonio Conte ha parlato in esclusiva ai microfoni di Sky Sport in una lunga intervista andata in onda oggi su Sky Sport 1 HD, nel corso della puntata di “Sky Calcio Show”.



Cosa significa a livello personale la nomination per il Pallone d’Oro degli allenatori?



E’ sicuramente un bellissimo riconoscimento, un riconoscimento al lavoro svolto, ai successi ottenuti e sicuramente una spinta ancora maggiore per cercare di fare ancora meglio in futuro, in questo caso si parla della Nazionale e non di un club, di un impegno molto difficile visto anche un po’ il periodo che sta attraversando il calcio italiano e la poca disponibilità nelle scelte dei calciatori.



Oltre agli allenatori, all’Italia cosa resta?



All’Italia resta una storia, una tradizione, tanti valori importanti che non dobbiamo dimenticare. Dobbiamo conservare il fatto di sapere che a livello calcistico siamo sempre stati una nazione molto importante, che il momento è sicuramente difficile ma tutti quanti ci dobbiamo adoperare affinché questo meccanismo che si è un po’ inceppato ricominci a funzionare nel migliore dei modi.



Dopo l’1-0 contro Malta, hai detto una cosa in particolare: “Ricordiamoci da dove veniamo. Ricordiamoci cos’è successo al Mondiale”. Ci aiuti a ricordare da dove viene la tua Nazionale?



Questa è una frase che spesso ripetevo il primo anno quando ero allenatore della Juventus, quando in maniera inaspettata ci ritrovammo comunque a competere per la vittoria dello Scudetto. E ogni tanto, visto che c’era stato qualche pareggio in più, c’era qualche mugugno. Spesso e volentieri ricordavo che si arrivava da due settimi posti. Oggi ci dobbiamo ricordare da dove si arriva, da un fallimento, e se c’erano dei problemi prima, non penso che in due mesi i problemi possano essere risolti del tutto. E’ inevitabile dire anche che siamo partiti bene con questa Nazionale, proponendo dei nomi nuovi, abbassando anche l’età media, e comunque centrando 4 vittorie in 4 partite. E quindi dobbiamo anche capire che questa Nazionale va aiutata, va costruita nel tempo e che oggi l’obiettivo primario assoluto è quello di qualificarci e poi cercare di far diventare la Nazionale come un piccolo club in una competizione dove in un mese puoi vincere tutto.



Al tuo primo giorno alla Juventus avevi detto ai giocatori: “Avete fatto schifo negli ultimi due anni”. Hai detto una cosa del genere anche in ritiro con la Nazionale?



Non è che ho detto proprio così ai calciatori. Il senso era questo, però in maniera molto più sottile, un po’ più fine. Ho trovato un gruppo, soprattutto in quei giocatori che venivano dall’eliminazione dal Mondiale, che era già di per se’ arrabbiato e voglioso di rimettersi in gioco. Penso che indossare la maglia della Nazionale, l’inno, siano dei momenti in cui non c’è nessuna parola che possa motivare o caricare più di questi.



C’è povertà di calciatori in Italia?



Parlo con dati alla mano, con numeri. Facevo una riflessione in queste due convocazioni in cui abbiamo giocato per le qualificazioni. Su 23 giocatori effettivi, senza calcolare i portieri, 8-10 non sono titolari nelle loro squadre di club. E questo è un dato veramente allarmante e disarmante perché stiamo parlando della Nazionale italiana che con il Brasile è tra le più famose in assoluto. E il fatto che la Nazionale oggi diventi un posto dove il calciatore, giocando, possa guadagnarsi il posto nel club deve far riflettere, perché c’è qualcosa che non va.



Dopo l’1-0 contro Malta, il pensiero comune è che l’Italia debba fare di più. Cosa rispondi?



Si può fare sempre di più, cercare sempre di lavorare e di migliorare sempre. Detto questo, ribadisco che questa Nazionale si sta costruendo. Penso abbia già una propria  identità, pensiamo e crediamo di aver creato una piccola fiammella di entusiasmo intorno a questa Nazionale ed è giusto che questa fiammella si alimenti. L’obiettivo comune è quello di centrare la qualificazione agli Europei in Francia perché questo è molto importante. Cercheremo di farlo nel migliore dei modi sapendo che non sarà semplice, iniziando dalla partita del 16 novembre contro la Croazia, che è una squadra che oggi dispone di talenti importanti.



Sarà una partita fondamentale quella?



Fondamentale no, ma una partita che ci può dare delle risposte dal punto di vista dell’idea di gioco che stiamo attuando, di quello che stiamo facendo, del gruppo che sta crescendo, dei ragazzi che sto convocando. Ci può dare delle risposte. Non per forza il risultato deve essere positivo affinché le risposte siano positive. L’allenatore deve andare anche al di là del risultato e valutare se la squadra sta crescendo nella maniera giusta.



4 partite e 4 vittorie. E’ tutto dovuto quando ci sei tu in panchina?



E’ inevitabile che le aspettative nei miei confronti siano sempre molto alte, sotto tutti i punti di vista. Basti pensare anche quando ero alla Juventus, si parlava tante volte di fallimento in Europa, quando ho partecipato due anni e una volta siamo arrivati nelle prime 8, cosa che a quanto pare oggi sia comunque l’obiettivo dichiarato. E nell’anno seguente siamo usciti nella fase a gironi dalla Champions ma abbiamo raggiunto una semifinale di Europa League, cosa che non accadeva da oltre dieci anni. Detto questo, è sempre stato visto come un fallimento. E’ un motivo di sprono, dal punto di vista mio, di darmi ancora più forza nel cercare sempre il meglio e di cercare la vittoria, però quando abitui troppo bene è inevitabile che la gente si aspetti esclusivamente la vittoria.



Per vincere gli Europei nel 2016 serve un miracolo?



La risposta sarebbe che per i miracoli ci stiamo attrezzando. Oggi parlare di vittoria degli Europei 2016 mi sembra prematuro da tutti i punti di vista, perché la cosa più importante ancora la dobbiamo fare, che è quella di qualificarci. Un piccolo passo alla volta. Io sono uno di quelli che in tutte le cose che fa non pone mai degli obiettivi minimi. Mi piace sempre pensare che tutto si può raggiungere. Detto questo, sappiamo che in questo momento ci sono delle Nazionali in Europa che sono più avanti rispetto a noi, ma questo ci deve dare forza, la voglia e l’entusiasmo di colmare questo gap, che esiste, con realtà molto più consolidate rispetto alla nostra. Un passo alla volta, cerchiamo di prenderci questa qualificazione cercando di rendere orgogliosi i tifosi italiani, affinchè vedano in questa Nazionale, al di là che possa vincere o perdere, dei giocatori che hanno veramente voglia di sudare per questa maglia e di fare grandi cose. Questa penso sia la cosa più importante.



Ci spieghi come hai convinto Pirlo a tornare in Nazionale?



Da parte sua  c’è stata una grandissima disponibilità  a tornare, in qualsiasi ruolo, nel momento in cui sono stato nominato allenatore della Nazionale. Mi ha espresso la sua volontà di voler far parte del progetto, sia come calciatore quando viene chiamato in campo, sia nel caso in cui non dovesse giocare come uomo-spogliatoio e persona che trasferisce l’idea di calcio che abbiamo condiviso in questi tre anni. A me questo ha fatto veramente tanto piacere perché stiamo parlando di uno dei giocatori più forti al mondo.



Esiste un altro come Buffon?



E’ difficile anche se oggi, a livello di età, posso pensare che un Perin possa fare qualcosa del genere perché anche lui da giovanissimo ha iniziato a giocare in Serie A. Buffon ha iniziato prestissimo, il fatto che abbia toccato 500 partite è qualcosa di veramente straordinario. Merito a lui, alla sua professionalità, al suo modo di essere, è un grande calciatore ma soprattutto un grandissimo uomo. Questo è importante e mi rende molto sereno il fatto che sia il Capitano della Nazionale.



In Nazionale hai trovato De Rossi. Cosa ti ha colpito di lui?



De Rossi è uno di quei giocatori che ha sentito tanto la delusione per l’uscita dall’ultimo Mondiale. Da parte sua ho trovato grandissima disponibilità, grandissima voglia e grandissimo attaccamento alla Nazionale, è sicuramente un grande esempio per i più giovani. Questa Nazionale ha quei 4-5 “anziani” a livello d’esperienza che sicuramente sono un ottimo esempio per i ragazzi. La cosa che mi auguro è riuscire a fare un mix di esperienza e nuove leve per arrivare agli Europei con una squadra competitiva.



Lo avresti voluto anche alla Juventus De Rossi?



Sì. Dico sinceramente. Il primo anno che ero alla Juventus mi sarebbe piaciuto averlo e ho provato anche, però lui ha sempre pensato alla Roma, ha sempre visto la Roma come unica squadra italiana.



Pellé, esordio con gol a Malta. Meglio tardi che mai?



Sì, anche perché penso che alla fine sia una questione di meritocrazia. Se Pellè è arrivato a 29-30 anni in Nazionale è perché ha meritato questo. Non dimentichiamo che tre anni fa era in panchina al Parma. Poi è andato in Olanda, ha fatto questa esperienza, ha conosciuto degli allenatori che l’hanno fatto crescere dal punto di vista tecnico e tattico. E’ un giocatore che sta facendo molto bene, deve continuare a farlo, questo è fuori di dubbio. L’ho trovato molto più maturo rispetto a quando è andato via dall’Italia, molto più cosciente dei propri mezzi, ha meritato questa convocazione e deve continuare a meritare le prossime.



Per Balotelli vale il contrario: “Meglio mai che tardi”?



Partiamo dal presupposto che le convocazioni devono essere meritate. Non c’è preclusione nei confronti di nessuno. L’importante è che mi diano la possibilità di “giustificare “ la convocazione. Non abbiamo preclusione nei confronti di nessuno, l’importante è che chi viene in Nazionale dimostri di voler indossare questa maglia, sia in campo, durante la partita, in panchina o in tribuna, sia fuori dal campo durante il periodo in cui non si è con la Nazionale.



Nel gruppo, al Mondiale, si diceva: “Nello spogliatoio non eravamo in 23, ma in 22 + 1”



Non è mio interesse entrare  in questioni passate . Guardarsi indietro oggi non conta più niente, si è resettato tutto. Mi hanno sempre insegnato e ho sempre insegnato ai miei calciatori che si vince da squadra e non vince il singolo. E’ la squadra che esalta il singolo e non il singolo che esalta la squadra, a meno che non sia Maradona o Messi.



Cosa pensi della Serie A?



Mi piacerebbe vedere qualche italiano in più in campo, vorrei avere una più ampia scelta e più ampie soluzioni nelle convocazioni. Il fatto di andare tante volte  a vedere delle partite e trovare un italiano o due per squadra, a volte anche nessuno, questo mi dispiace, non è bello. Mi piacerebbe vedere nel campionato italiano più italiani.



Perché in Europa le squadre italiane collezionano figuracce?



La prima risposta che verrebbe da dare è che rispetto ad alcuni anni fa non siamo più un Paese dove c’è l’ambizione di venire a giocare, non siamo un punto di arrivo per i migliori calciatori. Viene scelta prima l’Inghilterra, la Germania, poi la Spagna e infine l’Italia. Abbiamo perso un po’ di appeal da questo punto di vista per tanti motivi, tra cui anche non dimentichiamo la violenza negli stadi, cosa che non accade negli altri paesi. Mi riferisco anche alle contestazioni quando una squadra non va bene, trovi cose che all’estero non trovi. In Inghilterra non c’è contestazione se una squadra non va bene. Non aspettano l’arrivo del pullman di squadre avversarie con bastoni o con pietre. Sono cose su cui dovremmo riflettere e tante volte mettiamo la testa sotto la sabbia, non guardiamo questo ma pensiamo alle polemiche, se l’arbitro ha visto un fallo da rigore, un ‘espulsione, senza vedere le cose più gravi che stanno allontanando i giocatori più forti dal nostro Paese.



Quanti anni ci vorranno per tornare a un livello accettabile?



Questo non lo so, perché c’è anche un problema economico che ci mantiene distanti rispetto a paesi importanti. Bisogna capire che non siamo più i primi nel mondo, bisogna essere meno presuntuosi da questo punto di vista e cercare di capire che attraverso il lavoro dobbiamo riguadagnare posizioni che abbiamo perso e che nessuno ci da’ per grazia ricevuta.



Quindi è sempre attuale la frase che hai detto: “Non ci si può sedere con 10 euro in un ristorante da 100”?



Quella è una frase che ho detto e che ridico senza problemi, se si pensa di porre degli obiettivi che sono fuori dalla portata reale di una squadra. Penso che ogni squadra debba sapere quali sono gli obiettivi reali, non bisogna mai buttare fumo negli occhi dei tifosi. Dico che oggi per l’Italia è molto difficile riuscire a primeggiare in Europa.



La Juventus di oggi è quella di Allegri o è ancora quella di Conte?



Dispiace che comunque, anche se è inevitabile, che ci siano questi confronti dopo tre anni fatti in maniera straordinaria. E’ iniziata una nuova era, è iniziato un nuovo ciclo ed è giusto che sia la Juventus di Allegri.



Stai facendo il giro d’Italia insieme a Oriali nei ritiri dei club di Serie A ma non sei ancora andato in quello della Juventus, pur abitando a Torino. C’è qualcosa che non va?



No, assolutamente. Alla Juventus ho provato ad andare due volte ma sono stato, tra virgolette, “respinto”, nel senso buono della parola. La prima volta dovevo andare quando ci sono state le estrazioni dei gironi eliminatori della Champions League, quando non c’era il Presidente e nemmeno il Direttore, e avevo piacere che ci fossero alla mia visita. L’altra volta, invece, prima della partita contro l’Udinese, però era la vigilia e han preferito non essere, così, ma lo capisco anche. Detto questo, sicuramente ci sarà occasione, ci riproverò e sarà un piacere tornare a trovare vecchi amici.



Totti dopo Juventus-Roma ha detto che sarebbe meglio partecipare a un campionato diverso da quello della Juventus perché gli arbitri l’aiutano. Cosa ti senti di dire?



Oggi sono l’allenatore della Nazionale e tutte queste situazioni le guardo in maniera molto distaccata. Ho cercato anche di stemperare un po’ la situazione perché avevamo due partite di qualificazione.



E’ inevitabile che oggi nel campionato italiano ci siano due squadre che sono Juventus e Roma e penso che da qui alla fine sarà un duello tra loro due per la vittoria dello Scudetto. Ed è inevitabile che da qui alla fine ci saranno anche scontri dialettici, però bisognerà sempre stare molto attenti, cercare sempre di mandare dei messaggi positivi sotto tutti i punti di vista. Per me è molto importante che poi quando si arriva in Nazionale, non ci si porti dietro veleni. Questo non accade perché ho dei ragazzi molto intelligenti e molto bravi, soprattutto ho grandi uomini.



Lo scorso Natale avevi detto, sempre in un’intervista a Sky: “Non so quando ma un giorno vincerò la Champions sulla panchina della Juventus”. Dobbiamo archiviarla o mai dire mai?



Io me lo ricordo bene e ho detto che l’avevo vinta da calciatore e sono sicuro che la vincerò da allenatore, ma non ho specificato il nome della squadra. Poi, se sarà con la Juventus o con un’altra squadra, mi auguro che ciò avvenga.



Questo è il sogno?



No, sogni ce ne stanno tanti. Adesso in Nazionale ci sono altri sogni che sono superiori alla Champions League. Ci sono gli Europei, poi mi scade il contratto e poi vediamo. Eventualmente ci sarebbero i Mondiali e quindi questi sono sogni molto più importanti rispetto alla Champions League. Il mio pensiero è indirizzato esclusivamente ai colori azzurri e a cercare di portare insieme ai ragazzi quell’orgoglio che non deve mai mancare in un Paese come l’Italia.



C’è un messaggio che vuoi dare ai tifosi prima di Italia-Croazia?



Quello di accorrere numerosi a San Siro perché è una partita importante contro una squadra molto forte. Abbiamo bisogno del loro sostegno e mi auguro veramente di trovare lo stadio pieno, con grande incitamento che ci possa portare alla vittoria.


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IL C.T. - Conte: "Lotta scudetto tra Juve e Roma"

di Napoli Magazine

02/11/2024 - 21:18

 Il Ct della Nazionale Antonio Conte ha parlato in esclusiva ai microfoni di Sky Sport in una lunga intervista andata in onda oggi su Sky Sport 1 HD, nel corso della puntata di “Sky Calcio Show”.



Cosa significa a livello personale la nomination per il Pallone d’Oro degli allenatori?



E’ sicuramente un bellissimo riconoscimento, un riconoscimento al lavoro svolto, ai successi ottenuti e sicuramente una spinta ancora maggiore per cercare di fare ancora meglio in futuro, in questo caso si parla della Nazionale e non di un club, di un impegno molto difficile visto anche un po’ il periodo che sta attraversando il calcio italiano e la poca disponibilità nelle scelte dei calciatori.



Oltre agli allenatori, all’Italia cosa resta?



All’Italia resta una storia, una tradizione, tanti valori importanti che non dobbiamo dimenticare. Dobbiamo conservare il fatto di sapere che a livello calcistico siamo sempre stati una nazione molto importante, che il momento è sicuramente difficile ma tutti quanti ci dobbiamo adoperare affinché questo meccanismo che si è un po’ inceppato ricominci a funzionare nel migliore dei modi.



Dopo l’1-0 contro Malta, hai detto una cosa in particolare: “Ricordiamoci da dove veniamo. Ricordiamoci cos’è successo al Mondiale”. Ci aiuti a ricordare da dove viene la tua Nazionale?



Questa è una frase che spesso ripetevo il primo anno quando ero allenatore della Juventus, quando in maniera inaspettata ci ritrovammo comunque a competere per la vittoria dello Scudetto. E ogni tanto, visto che c’era stato qualche pareggio in più, c’era qualche mugugno. Spesso e volentieri ricordavo che si arrivava da due settimi posti. Oggi ci dobbiamo ricordare da dove si arriva, da un fallimento, e se c’erano dei problemi prima, non penso che in due mesi i problemi possano essere risolti del tutto. E’ inevitabile dire anche che siamo partiti bene con questa Nazionale, proponendo dei nomi nuovi, abbassando anche l’età media, e comunque centrando 4 vittorie in 4 partite. E quindi dobbiamo anche capire che questa Nazionale va aiutata, va costruita nel tempo e che oggi l’obiettivo primario assoluto è quello di qualificarci e poi cercare di far diventare la Nazionale come un piccolo club in una competizione dove in un mese puoi vincere tutto.



Al tuo primo giorno alla Juventus avevi detto ai giocatori: “Avete fatto schifo negli ultimi due anni”. Hai detto una cosa del genere anche in ritiro con la Nazionale?



Non è che ho detto proprio così ai calciatori. Il senso era questo, però in maniera molto più sottile, un po’ più fine. Ho trovato un gruppo, soprattutto in quei giocatori che venivano dall’eliminazione dal Mondiale, che era già di per se’ arrabbiato e voglioso di rimettersi in gioco. Penso che indossare la maglia della Nazionale, l’inno, siano dei momenti in cui non c’è nessuna parola che possa motivare o caricare più di questi.



C’è povertà di calciatori in Italia?



Parlo con dati alla mano, con numeri. Facevo una riflessione in queste due convocazioni in cui abbiamo giocato per le qualificazioni. Su 23 giocatori effettivi, senza calcolare i portieri, 8-10 non sono titolari nelle loro squadre di club. E questo è un dato veramente allarmante e disarmante perché stiamo parlando della Nazionale italiana che con il Brasile è tra le più famose in assoluto. E il fatto che la Nazionale oggi diventi un posto dove il calciatore, giocando, possa guadagnarsi il posto nel club deve far riflettere, perché c’è qualcosa che non va.



Dopo l’1-0 contro Malta, il pensiero comune è che l’Italia debba fare di più. Cosa rispondi?



Si può fare sempre di più, cercare sempre di lavorare e di migliorare sempre. Detto questo, ribadisco che questa Nazionale si sta costruendo. Penso abbia già una propria  identità, pensiamo e crediamo di aver creato una piccola fiammella di entusiasmo intorno a questa Nazionale ed è giusto che questa fiammella si alimenti. L’obiettivo comune è quello di centrare la qualificazione agli Europei in Francia perché questo è molto importante. Cercheremo di farlo nel migliore dei modi sapendo che non sarà semplice, iniziando dalla partita del 16 novembre contro la Croazia, che è una squadra che oggi dispone di talenti importanti.



Sarà una partita fondamentale quella?



Fondamentale no, ma una partita che ci può dare delle risposte dal punto di vista dell’idea di gioco che stiamo attuando, di quello che stiamo facendo, del gruppo che sta crescendo, dei ragazzi che sto convocando. Ci può dare delle risposte. Non per forza il risultato deve essere positivo affinché le risposte siano positive. L’allenatore deve andare anche al di là del risultato e valutare se la squadra sta crescendo nella maniera giusta.



4 partite e 4 vittorie. E’ tutto dovuto quando ci sei tu in panchina?



E’ inevitabile che le aspettative nei miei confronti siano sempre molto alte, sotto tutti i punti di vista. Basti pensare anche quando ero alla Juventus, si parlava tante volte di fallimento in Europa, quando ho partecipato due anni e una volta siamo arrivati nelle prime 8, cosa che a quanto pare oggi sia comunque l’obiettivo dichiarato. E nell’anno seguente siamo usciti nella fase a gironi dalla Champions ma abbiamo raggiunto una semifinale di Europa League, cosa che non accadeva da oltre dieci anni. Detto questo, è sempre stato visto come un fallimento. E’ un motivo di sprono, dal punto di vista mio, di darmi ancora più forza nel cercare sempre il meglio e di cercare la vittoria, però quando abitui troppo bene è inevitabile che la gente si aspetti esclusivamente la vittoria.



Per vincere gli Europei nel 2016 serve un miracolo?



La risposta sarebbe che per i miracoli ci stiamo attrezzando. Oggi parlare di vittoria degli Europei 2016 mi sembra prematuro da tutti i punti di vista, perché la cosa più importante ancora la dobbiamo fare, che è quella di qualificarci. Un piccolo passo alla volta. Io sono uno di quelli che in tutte le cose che fa non pone mai degli obiettivi minimi. Mi piace sempre pensare che tutto si può raggiungere. Detto questo, sappiamo che in questo momento ci sono delle Nazionali in Europa che sono più avanti rispetto a noi, ma questo ci deve dare forza, la voglia e l’entusiasmo di colmare questo gap, che esiste, con realtà molto più consolidate rispetto alla nostra. Un passo alla volta, cerchiamo di prenderci questa qualificazione cercando di rendere orgogliosi i tifosi italiani, affinchè vedano in questa Nazionale, al di là che possa vincere o perdere, dei giocatori che hanno veramente voglia di sudare per questa maglia e di fare grandi cose. Questa penso sia la cosa più importante.



Ci spieghi come hai convinto Pirlo a tornare in Nazionale?



Da parte sua  c’è stata una grandissima disponibilità  a tornare, in qualsiasi ruolo, nel momento in cui sono stato nominato allenatore della Nazionale. Mi ha espresso la sua volontà di voler far parte del progetto, sia come calciatore quando viene chiamato in campo, sia nel caso in cui non dovesse giocare come uomo-spogliatoio e persona che trasferisce l’idea di calcio che abbiamo condiviso in questi tre anni. A me questo ha fatto veramente tanto piacere perché stiamo parlando di uno dei giocatori più forti al mondo.



Esiste un altro come Buffon?



E’ difficile anche se oggi, a livello di età, posso pensare che un Perin possa fare qualcosa del genere perché anche lui da giovanissimo ha iniziato a giocare in Serie A. Buffon ha iniziato prestissimo, il fatto che abbia toccato 500 partite è qualcosa di veramente straordinario. Merito a lui, alla sua professionalità, al suo modo di essere, è un grande calciatore ma soprattutto un grandissimo uomo. Questo è importante e mi rende molto sereno il fatto che sia il Capitano della Nazionale.



In Nazionale hai trovato De Rossi. Cosa ti ha colpito di lui?



De Rossi è uno di quei giocatori che ha sentito tanto la delusione per l’uscita dall’ultimo Mondiale. Da parte sua ho trovato grandissima disponibilità, grandissima voglia e grandissimo attaccamento alla Nazionale, è sicuramente un grande esempio per i più giovani. Questa Nazionale ha quei 4-5 “anziani” a livello d’esperienza che sicuramente sono un ottimo esempio per i ragazzi. La cosa che mi auguro è riuscire a fare un mix di esperienza e nuove leve per arrivare agli Europei con una squadra competitiva.



Lo avresti voluto anche alla Juventus De Rossi?



Sì. Dico sinceramente. Il primo anno che ero alla Juventus mi sarebbe piaciuto averlo e ho provato anche, però lui ha sempre pensato alla Roma, ha sempre visto la Roma come unica squadra italiana.



Pellé, esordio con gol a Malta. Meglio tardi che mai?



Sì, anche perché penso che alla fine sia una questione di meritocrazia. Se Pellè è arrivato a 29-30 anni in Nazionale è perché ha meritato questo. Non dimentichiamo che tre anni fa era in panchina al Parma. Poi è andato in Olanda, ha fatto questa esperienza, ha conosciuto degli allenatori che l’hanno fatto crescere dal punto di vista tecnico e tattico. E’ un giocatore che sta facendo molto bene, deve continuare a farlo, questo è fuori di dubbio. L’ho trovato molto più maturo rispetto a quando è andato via dall’Italia, molto più cosciente dei propri mezzi, ha meritato questa convocazione e deve continuare a meritare le prossime.



Per Balotelli vale il contrario: “Meglio mai che tardi”?



Partiamo dal presupposto che le convocazioni devono essere meritate. Non c’è preclusione nei confronti di nessuno. L’importante è che mi diano la possibilità di “giustificare “ la convocazione. Non abbiamo preclusione nei confronti di nessuno, l’importante è che chi viene in Nazionale dimostri di voler indossare questa maglia, sia in campo, durante la partita, in panchina o in tribuna, sia fuori dal campo durante il periodo in cui non si è con la Nazionale.



Nel gruppo, al Mondiale, si diceva: “Nello spogliatoio non eravamo in 23, ma in 22 + 1”



Non è mio interesse entrare  in questioni passate . Guardarsi indietro oggi non conta più niente, si è resettato tutto. Mi hanno sempre insegnato e ho sempre insegnato ai miei calciatori che si vince da squadra e non vince il singolo. E’ la squadra che esalta il singolo e non il singolo che esalta la squadra, a meno che non sia Maradona o Messi.



Cosa pensi della Serie A?



Mi piacerebbe vedere qualche italiano in più in campo, vorrei avere una più ampia scelta e più ampie soluzioni nelle convocazioni. Il fatto di andare tante volte  a vedere delle partite e trovare un italiano o due per squadra, a volte anche nessuno, questo mi dispiace, non è bello. Mi piacerebbe vedere nel campionato italiano più italiani.



Perché in Europa le squadre italiane collezionano figuracce?



La prima risposta che verrebbe da dare è che rispetto ad alcuni anni fa non siamo più un Paese dove c’è l’ambizione di venire a giocare, non siamo un punto di arrivo per i migliori calciatori. Viene scelta prima l’Inghilterra, la Germania, poi la Spagna e infine l’Italia. Abbiamo perso un po’ di appeal da questo punto di vista per tanti motivi, tra cui anche non dimentichiamo la violenza negli stadi, cosa che non accade negli altri paesi. Mi riferisco anche alle contestazioni quando una squadra non va bene, trovi cose che all’estero non trovi. In Inghilterra non c’è contestazione se una squadra non va bene. Non aspettano l’arrivo del pullman di squadre avversarie con bastoni o con pietre. Sono cose su cui dovremmo riflettere e tante volte mettiamo la testa sotto la sabbia, non guardiamo questo ma pensiamo alle polemiche, se l’arbitro ha visto un fallo da rigore, un ‘espulsione, senza vedere le cose più gravi che stanno allontanando i giocatori più forti dal nostro Paese.



Quanti anni ci vorranno per tornare a un livello accettabile?



Questo non lo so, perché c’è anche un problema economico che ci mantiene distanti rispetto a paesi importanti. Bisogna capire che non siamo più i primi nel mondo, bisogna essere meno presuntuosi da questo punto di vista e cercare di capire che attraverso il lavoro dobbiamo riguadagnare posizioni che abbiamo perso e che nessuno ci da’ per grazia ricevuta.



Quindi è sempre attuale la frase che hai detto: “Non ci si può sedere con 10 euro in un ristorante da 100”?



Quella è una frase che ho detto e che ridico senza problemi, se si pensa di porre degli obiettivi che sono fuori dalla portata reale di una squadra. Penso che ogni squadra debba sapere quali sono gli obiettivi reali, non bisogna mai buttare fumo negli occhi dei tifosi. Dico che oggi per l’Italia è molto difficile riuscire a primeggiare in Europa.



La Juventus di oggi è quella di Allegri o è ancora quella di Conte?



Dispiace che comunque, anche se è inevitabile, che ci siano questi confronti dopo tre anni fatti in maniera straordinaria. E’ iniziata una nuova era, è iniziato un nuovo ciclo ed è giusto che sia la Juventus di Allegri.



Stai facendo il giro d’Italia insieme a Oriali nei ritiri dei club di Serie A ma non sei ancora andato in quello della Juventus, pur abitando a Torino. C’è qualcosa che non va?



No, assolutamente. Alla Juventus ho provato ad andare due volte ma sono stato, tra virgolette, “respinto”, nel senso buono della parola. La prima volta dovevo andare quando ci sono state le estrazioni dei gironi eliminatori della Champions League, quando non c’era il Presidente e nemmeno il Direttore, e avevo piacere che ci fossero alla mia visita. L’altra volta, invece, prima della partita contro l’Udinese, però era la vigilia e han preferito non essere, così, ma lo capisco anche. Detto questo, sicuramente ci sarà occasione, ci riproverò e sarà un piacere tornare a trovare vecchi amici.



Totti dopo Juventus-Roma ha detto che sarebbe meglio partecipare a un campionato diverso da quello della Juventus perché gli arbitri l’aiutano. Cosa ti senti di dire?



Oggi sono l’allenatore della Nazionale e tutte queste situazioni le guardo in maniera molto distaccata. Ho cercato anche di stemperare un po’ la situazione perché avevamo due partite di qualificazione.



E’ inevitabile che oggi nel campionato italiano ci siano due squadre che sono Juventus e Roma e penso che da qui alla fine sarà un duello tra loro due per la vittoria dello Scudetto. Ed è inevitabile che da qui alla fine ci saranno anche scontri dialettici, però bisognerà sempre stare molto attenti, cercare sempre di mandare dei messaggi positivi sotto tutti i punti di vista. Per me è molto importante che poi quando si arriva in Nazionale, non ci si porti dietro veleni. Questo non accade perché ho dei ragazzi molto intelligenti e molto bravi, soprattutto ho grandi uomini.



Lo scorso Natale avevi detto, sempre in un’intervista a Sky: “Non so quando ma un giorno vincerò la Champions sulla panchina della Juventus”. Dobbiamo archiviarla o mai dire mai?



Io me lo ricordo bene e ho detto che l’avevo vinta da calciatore e sono sicuro che la vincerò da allenatore, ma non ho specificato il nome della squadra. Poi, se sarà con la Juventus o con un’altra squadra, mi auguro che ciò avvenga.



Questo è il sogno?



No, sogni ce ne stanno tanti. Adesso in Nazionale ci sono altri sogni che sono superiori alla Champions League. Ci sono gli Europei, poi mi scade il contratto e poi vediamo. Eventualmente ci sarebbero i Mondiali e quindi questi sono sogni molto più importanti rispetto alla Champions League. Il mio pensiero è indirizzato esclusivamente ai colori azzurri e a cercare di portare insieme ai ragazzi quell’orgoglio che non deve mai mancare in un Paese come l’Italia.



C’è un messaggio che vuoi dare ai tifosi prima di Italia-Croazia?



Quello di accorrere numerosi a San Siro perché è una partita importante contro una squadra molto forte. Abbiamo bisogno del loro sostegno e mi auguro veramente di trovare lo stadio pieno, con grande incitamento che ci possa portare alla vittoria.