Damien Comolli, nuovo amministratore delegato della Juventus, ha rilasciato alcune dichiarazioni dal palco dell'Hudl Performance Insights 2025, conferenza in programma a Londra e dedicata all'uso dei dati al servizio del calcio: "Ogni allenatore nel colloquio con il club fa la sua presentazione e dice che tutto va bene. Poi, quando inizia ad allenare, dice che tutto va male. Ora invece io inserisco quelle frasi nel contratto, per ricordare agli allenatori che cosa avevano detto. Io nel colloquio dico: 'Noi lavoriamo così, questi sono i nostri processi, i dati guidano la scelta dei giocatori, i calci piazzati, la prevenzione degli infortuni e molto altro. Se le va bene è così, altrimenti ci stringiamo la mano e ci salutiamo'. Il coach deve abbracciare questa filosofia. Passo il 30% del mio tempo pensando alla cultura del club, perché penso che non si raggiungano risultati senza una cultura. Ho chiesto a Matuidi e Trezeguet, tra gli altri, quale sia il dna della Juve. Tutti rispondono nello stesso modo: 'Vincere'. La cultura è qualcosa di diverso, è costruita dal basso verso l'alto. Abbiamo avuto un grande meeting questa mattina per capire quale sia la nostra cultura. Ho detto a tutti 'voi decidete chi siamo, io posso dare qualche linea di indirizzo, ma la cultura si decide dal basso'. La cultura sono i valori del club. RedBird (ai tempi proprietario di Milan e Tolosa, ndr) al Tolosa mi ha reclutato per guidare l'organizzazione con i dati. La Juve sapeva che sarei arrivato con i dati perché quello è il modo in cui penso io, è parte del mio modo di guidare il club. La chiave per il corretto uso di dati è un allineamento dall'amministratore delegato a scendere. La relazione tra management e allenatore spesso è il grande ostacolo, il punto in cui si rompe. Serve un ponte, una persona che abbia la conoscenza dei dati e parli il linguaggio del coach. Se c'è questa persona e un allenatore è aperto, il ponte funziona. Altrimenti no. Al Tolosa misuravamo la condizione mentale di tutti i membri nello staff ogni giorno per capire se c'era stress, se non avevano voglia di venire al lavoro. È stato incredibilmente utile. Abbiamo scelto di non assumere chi non era motivato. Parlando di campo, al Tolosa vietavamo cross e tiri da lontano". Sul suo ruolo da AD, Comolli aggiunge: "Se vuoi essere un modello di comportamento, devi essere te stesso. Devi trovare il posto in cui sei a tuo agio. Se una persona ti guarda camminare dal parcheggio all'ufficio, capisce come stai. Io so che se entrerò in ufficio con un mood negativo, si spargerà un mood negativo. Lo stesso in positivo. Voglio intorno a me persone che mi correggano. Al Tolosa l'ho detto a chi lavorava con me: 'se esco dalla cultura del club, dovete dirmelo; se compro un giocatore che la tradisce, dovete dirmelo'. Non sono un tipo che scrive, non so perché. Forse è un trauma, in passato mi hanno obbligato a scrivere e ho sviluppato un trauma. Ho persone che cercano cose nuove per me e mi dicono 'dobbiamo implementarle'. Leggo e imparo tutto il tempo, non mi fermo mai. Ho paura di essere superato dall'industria, ho paura di mancare una innovazione e per combattere questa paura studio sempre. Non leggo mai di calcio, è noioso. Leggo articoli scientifici sui dati, ad esempio se parlano di metodologie, di recupero dagli infortuni. Leggo libri su come guidare le persone, su come negoziare. Cerco di imparare dagli altri sport, non dal calcio. Quando ho una riunione, voglio essere il meno intelligente nella stanza. Se sono quello con le idee buone nella stanza, c'è qualcosa di sbagliato. Non mi piacciono gli arroganti. Ho visto molti fallire perché erano talentuosi, non umili".
di Redazione
15/11/2025 - 00:06
Damien Comolli, nuovo amministratore delegato della Juventus, ha rilasciato alcune dichiarazioni dal palco dell'Hudl Performance Insights 2025, conferenza in programma a Londra e dedicata all'uso dei dati al servizio del calcio: "Ogni allenatore nel colloquio con il club fa la sua presentazione e dice che tutto va bene. Poi, quando inizia ad allenare, dice che tutto va male. Ora invece io inserisco quelle frasi nel contratto, per ricordare agli allenatori che cosa avevano detto. Io nel colloquio dico: 'Noi lavoriamo così, questi sono i nostri processi, i dati guidano la scelta dei giocatori, i calci piazzati, la prevenzione degli infortuni e molto altro. Se le va bene è così, altrimenti ci stringiamo la mano e ci salutiamo'. Il coach deve abbracciare questa filosofia. Passo il 30% del mio tempo pensando alla cultura del club, perché penso che non si raggiungano risultati senza una cultura. Ho chiesto a Matuidi e Trezeguet, tra gli altri, quale sia il dna della Juve. Tutti rispondono nello stesso modo: 'Vincere'. La cultura è qualcosa di diverso, è costruita dal basso verso l'alto. Abbiamo avuto un grande meeting questa mattina per capire quale sia la nostra cultura. Ho detto a tutti 'voi decidete chi siamo, io posso dare qualche linea di indirizzo, ma la cultura si decide dal basso'. La cultura sono i valori del club. RedBird (ai tempi proprietario di Milan e Tolosa, ndr) al Tolosa mi ha reclutato per guidare l'organizzazione con i dati. La Juve sapeva che sarei arrivato con i dati perché quello è il modo in cui penso io, è parte del mio modo di guidare il club. La chiave per il corretto uso di dati è un allineamento dall'amministratore delegato a scendere. La relazione tra management e allenatore spesso è il grande ostacolo, il punto in cui si rompe. Serve un ponte, una persona che abbia la conoscenza dei dati e parli il linguaggio del coach. Se c'è questa persona e un allenatore è aperto, il ponte funziona. Altrimenti no. Al Tolosa misuravamo la condizione mentale di tutti i membri nello staff ogni giorno per capire se c'era stress, se non avevano voglia di venire al lavoro. È stato incredibilmente utile. Abbiamo scelto di non assumere chi non era motivato. Parlando di campo, al Tolosa vietavamo cross e tiri da lontano". Sul suo ruolo da AD, Comolli aggiunge: "Se vuoi essere un modello di comportamento, devi essere te stesso. Devi trovare il posto in cui sei a tuo agio. Se una persona ti guarda camminare dal parcheggio all'ufficio, capisce come stai. Io so che se entrerò in ufficio con un mood negativo, si spargerà un mood negativo. Lo stesso in positivo. Voglio intorno a me persone che mi correggano. Al Tolosa l'ho detto a chi lavorava con me: 'se esco dalla cultura del club, dovete dirmelo; se compro un giocatore che la tradisce, dovete dirmelo'. Non sono un tipo che scrive, non so perché. Forse è un trauma, in passato mi hanno obbligato a scrivere e ho sviluppato un trauma. Ho persone che cercano cose nuove per me e mi dicono 'dobbiamo implementarle'. Leggo e imparo tutto il tempo, non mi fermo mai. Ho paura di essere superato dall'industria, ho paura di mancare una innovazione e per combattere questa paura studio sempre. Non leggo mai di calcio, è noioso. Leggo articoli scientifici sui dati, ad esempio se parlano di metodologie, di recupero dagli infortuni. Leggo libri su come guidare le persone, su come negoziare. Cerco di imparare dagli altri sport, non dal calcio. Quando ho una riunione, voglio essere il meno intelligente nella stanza. Se sono quello con le idee buone nella stanza, c'è qualcosa di sbagliato. Non mi piacciono gli arroganti. Ho visto molti fallire perché erano talentuosi, non umili".